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Dagli Appennini alle Alpi: il lungo cammino del lupo


Dalle aree più selvagge dell’Appennino centro-meridionale fino alla Liguria e tutto l’arco alpino: il lupo è tornato a ripopolare le nostre montagne e foreste dopo una persecuzione durata centinaia di anni.

Fino agli anni ’70 del secolo scorso, in Italia gli esemplari di lupo (Canis lupus) erano relegati a pochi nuclei in zone remote dell'Appennino centro-meridionale, dall'Aspromonte al Lazio e bassa Toscana. È da queste terre selvagge che parte la ricolonizzazione della Penisola, grazie all’abbandono delle aree rurali da parte dell’uomo, alla crescita degli ungulati, alla protezione legale e all’aumentare delle aree protette, che hanno funzionato come dei veri e propri corridoi ecologici per l’espansione.
Niente elicotteri e liberazioni da parte di animalisti, quindi: a rendere possibile il ritorno del lupo nei territori originari è la grande plasticità ecologica di questa specie. 
Predatore intelligente e, come tutti i predatori, opportunista, il lupo ha una grande abilità ad adattarsi a diverse fonti di cibo, un’elevata capacità di dispersione e di sopravvivere in habitat anche sfavorevoli. 
Un insieme di fattori che, in parallelo al progressivo spopolamento delle zone rurali dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha favorito la rinaturalizzazione e con essa il ritorno degli ungulati selvatici, prede naturali del lupo. Questo susseguirsi di piccoli grandi tasselli piano piano ha ricostruito quella complessa rete di equilibri che ha riportato il lupo nei territori da cui era stato scacciato.
 

Il valore ecologico del lupo 
Il lupo, in quanto predatore al vertice della catena alimentare, svolge un ruolo cruciale nei nostri ecosistemi: influenza direttamente e indirettamente le popolazioni di ungulati (caprioli, cervi e cinghiali) e, a cascata, la diversità degli habitat. La predazione da parte dei carnivori apicali ha dunque un ruolo nel mantenimento di alti livelli di biodiversità, anche attraverso l’influenza che questi hanno sul comportamento delle prede. I predatori, infatti, influiscono non solo sul numero di prede, ma anche sul modo in cui queste si comportano e interagiscono con il loro ambiente. Le prede sviluppano precise risposte comportamentali e fisiologiche alla minaccia rappresentata dai predatori: percepiscono la loro presenza, anche solo attraverso segnali visivi, olfattivi o uditivi e modificano il loro comportamento per ridurre il rischio di predazione. Questo concetto è stato definito come “paesaggio della paura (landscape of fear)”, usato per la prima volta in ecologia in un articolo del 2004 “Wolves and the Ecology of Fear: Can Predation Risk Structure Ecosystems?” (William J. Ripple, 2004), che lo definisce “ecologia della paura". Questo studio suggerisce che il rischio di predazione può avere effetti profondi sulla struttura degli ecosistemi e rappresenta un importante costituente della biodiversità.

Coesistenza uomo – lupo: un equilibrio delicato influenzato da una paura atavica
A causa delle vaste dimensioni dei territori di cui il lupo necessita per vivere, la sua conservazione non può avvenire solo all'interno di aree protette. La sua espansione naturale lo ha dunque portato a insediarsi in zone abitate, sfruttate o anche solo frequentate dall’uomo, dando luogo ad alcune situazioni conflittuali. I conflitti sono diversi e includono la predazione del bestiame e la competizione per gli ungulati selvatici. Ma anche la paura di essere attaccati e feriti sta tornando sempre più frequentemente tra le ragioni di chi vede il lupo come un pericolo da cui difendersi. Sebbene il pericolo che i lupi rappresentano per la sicurezza umana rimanga estremamente basso, molte persone che vivono nelle aree di presenza dei lupi riferiscono di averne paura. 
La paura è un'emozione antica, collegata alle regioni profonde e centrali del cervello (l’area dell’amigdala) che sono coinvolte nella formazione della paura in vari mammiferi, dal topo alla scimmia. Le risposte fisiologiche e comportamentali sono praticamente universali e includono fuga, comportamenti di evitamento e una serie di reazioni fisiche come aumento del battito cardiaco e rilascio di adrenalina. La paura ha radici primitive, rappresenta un apprendimento predisposto evolutivamente, sviluppato nel corso dell'evoluzione per far fronte a eventuali pericoli, spesso associati a minacce antiche che noi umani conserviamo nel profondo del nostro cervello atavico, anche se oggi non vi siamo più così facilmente esposti (NINA: Norsk institutt for naturforskning, 2002) (Pavol, 2016). Ed è proprio il caso dei rischi connessi alla presenza del lupo, che sicuramente poco giustificano la paura dell’uomo nei suoi confronti. Solo alcuni lupi definiti confidenti perdono progressivamente la paura nei confronti dell’uomo e si avvicinano, spesso alla ricerca di cibo come la spazzatura, avanzi di macelleria o animali da reddito o da compagnia facilmente predabili. È nei confronti di questi lupi, che possono adottare comportamenti “anomali”, che devono essere poste le più grandi attenzioni gestionali.
Con il ritorno del lupo si riapre quindi un antico conflitto, particolarmente intenso nei territori di recente ricolonizzazione da parte della specie, dove noi uomini abbiamo perso l’abitudine a convivere con i selvatici e dove interessi economici e politici spesso portano a inasprirlo.

Quale futuro per la conservazione del lupo?
Se, da un lato, la grande adattabilità della specie ha reso possibile il suo ritorno, le sue esigenze ecologiche certamente non sono d’aiuto nel trovare compromessi per una serena coesistenza. Infatti i grandi spazi di cui il lupo ha bisogno non vanno d’accordo con la frammentazione amministrativa del territorio che complica la gestione sia tra Paesi europei che all'interno delle singole regioni. La frammentazione territoriale rende difficile una gestione unitaria e coordinata della specie. Il lupo ha bisogno di aree ampie e connesse, che superano i confini amministrativi e politici. Quando il lupo si sposta da una regione all'altra, o da uno stato all'altro, oltre ad adattarsi al nuovo territorio deve adattarsi a normative diverse, che non sempre sono omogenee e coerenti. Occorre quindi una cooperazione tra le diverse entità territoriali, che tenga conto delle esigenze ecologiche e comportamentali del lupo.

Un altro ostacolo alla conservazione del lupo è rappresentato dal bracconaggio, che ogni anno provoca una mortalità illegale del 10-15% della popolazione (WWF Italia, 2022). In molti paesi europei, il lupo è ancora percepito come una minaccia da eliminare, e non come una componente importante della biodiversità. Questa visione genera una polarizzazione dell'opinione pubblica, che si divide tra chi propone una caccia selettiva al lupo e chi invece ne chiede una tutela assoluta.

Un terzo fattore di conflitto è il rapporto tra il lupo e l'allevamento. Esistono dei sistemi di prevenzione, come l'uso di reti e di cani da guardiania, ma non sempre sono in grado di risolvere il problema e comportano in ogni caso dei costi aggiuntivi per gli allevatori. Bisogna quindi trovare delle soluzioni che siano equilibrate e sostenibili, che partano dal confronto con le categorie sociali più interessate dalla presenza del lupo e prevedano un aiuto preventivo, il risarcimento delle perdite e una ricerca applicata che individui soluzioni sempre più efficaci per costruire la convivenza.

Infine, il lupo deve affrontare anche il problema dell'ibridazione con i cani, che può compromettere la sua variabilità genetica. Questo fenomeno è già molto diffuso in Appennino con un tasso di ibridazione molto alto, mentre sulle Alpi, ad oggi, ha meno incidenza (Salvatori V., 2019). Per evitare che si diffonda, bisogna controllare la presenza dei cani randagi e intervenire con la sterilizzazione degli ibridi. 

Il lupo è una specie che suscita emozioni contrastanti, come l’orso e altri grandi predatori, un simbolo di libertà, ma anche di sfida e di pericolo. Un pericolo che può essere minimizzato dal nostro comportamento e da un rispettoso mantenimento delle distanze.
Questa specie rappresenta una ricchezza: per salvaguardarla, dobbiamo necessariamente conoscerla e comprenderla. È un patrimonio per la nostra biodiversità e per gli equilibri che custodisce e dai quali anche noi dipendiamo, una specie che ci fa riflettere sul nostro rapporto con la natura e con noi stessi.
 

Riferimenti
NINA: Norsk institutt for naturforskning. (2002). The fear of wolves: a review of wolves attack on humans. 
Pavol, P. (2016). Universal Human Fears. In Encyclopedia of Evolutionary Psychological Science (pp. 1-5).
Salvatori V., G. R. (2019). High levels of recent wolf × dog introgressive hybridization in agricultural landscapes of central Italy. Eur J Wildl Res, 65(73). doi:https://doi.org/10.1007/s10344-019-1313-3
William J. Ripple, R. L. (2004). Wolves and the Ecology of Fear: Can Predation Risk Structure Ecosystems? BioScience, 4(8), 755–766.
WWF Italia. (2022, Novembre 25). Lupo, l'UE apre al declassamento dello stato di protezione. Retrieved from www.wwf.it: https://www.wwf.it/pandanews/animali/ue-apre-a-declassamento-protezione-lupo/


 

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