Troppa montagna? Quando il turismo supera il limite

Con l’autunno alle porte, i sentieri tornano silenziosi e le valli si svuotano. È il momento in cui la montagna si riprende i propri spazi, dopo mesi di presenze record.

Ma dietro le immagini da cartolina dell’estate appena passata, resta una domanda che ogni anno diventa più urgente: quanto turismo può sopportare la montagna?

Negli ultimi anni il termine overtourism — o “sovraturismo” — è entrato nel linguaggio comune. C'è chi lo considera un problema serio e chi sostiene che nemmeno esista, ma una cosa è certa: il fenomeno cresce e oggi riguarda anche luoghi che un tempo sembravano al riparo dalle folle.

Le immagini parlano da sole: code alla funivia del Seceda, affollamenti al Lago di Braies, comitive lungo i sentieri del Vajolet o alle Tre Cime di Lavaredo. In Italia il fenomeno è più evidente nelle Dolomiti, ma nel mondo si discute di overtourism persino ai piedi del Monte Fuji e sull’Everest.

 

Un equilibrio fragile

Il turismo è una risorsa fondamentale per i territori di montagna, ma quando supera la capacità di accoglienza può trasformarsi in un problema complesso: non solo logistico, ma sociale e ambientale.

L’aumento dei flussi modifica la vita quotidiana dei residenti, peggiora la qualità dell’esperienza per chi visita e lascia segni profondi sull’ambiente. L’impatto ecologico, spesso invisibile, cresce in modo esponenziale con il numero delle persone. Cento visitatori non sono come mille: cambia tutto, dai rifiuti alle emissioni, dal consumo d’acqua all’inquinamento acustico.

In una grande città, mille persone in più passano quasi inosservate. In un piccolo paese di montagna, possono cambiare le condizioni di un’intera valle. La montagna è un ecosistema fragile, dove convivono specie e habitat unici. È un luogo dominato dalla natura, dove l’uomo è ospite e non padrone. Un turismo eccessivo o mal gestito rischia di alterare in modo irreversibile questi equilibri.

Il peso di ogni gesto

Ogni nostra scelta ha un impatto, anche quando non ce ne accorgiamo.
Raggiungere una destinazione in auto significa più emissioni e più rumore. Il passaggio continuo di escursionisti consuma i sentieri, e quando diventano impraticabili, se ne aprono di nuovi, erodendo suolo e vegetazione.

Abbandonare i percorsi tracciati per “esplorare” prati e boschi danneggia gli habitat e disturba la fauna. Non vedere animali non vuol dire che non ci siano: spesso si sono allontanati per sfuggire alla nostra presenza.

Arriva il momento del pranzo e decidiamo di andare in rifugio. La nostra presenza comporterà un maggiore consumo di risorse e produzione di rifiuti, che dovranno rispettivamente arrivare e lasciare i rifugi, in molti casi trasportati da jeep o elicotteri. E se decidiamo di fare un pic-nic spetta a noi evitare che i nostri rifiuti rimangano dispersi nell’ambiente: ma troppo spesso questo non accade.

C’è poi il rumore: voci, musica, grida. Per noi è spensieratezza, per molti animali è un segnale di pericolo. Alcuni fuggono, altri si abituano troppo all’uomo, come le marmotte della Val di Fassa che si avvicinano ai turisti in cerca di cibo. Ma non dobbiamo dimenticarlo: non sono animali domestici, e non hanno bisogno di noi per sopravvivere.

Gestire i flussi, non chiudere le porte

Per limitare questi impatti, alcune destinazioni stanno regolamentando gli accessi. È il caso del Lago di Braies, dove dal 2020 l’ingresso è contingentato. Una misura necessaria dopo giornate con oltre 15.000 visitatori, a fronte di appena 680 abitanti.

Dopo la pandemia, la montagna è diventata una meta sempre più amata. Ma le scelte dei turisti si concentrano spesso sugli stessi luoghi, creando zone sovraffollate accanto ad altre quasi dimenticate.

Ognuno ha il diritto di scoprire la bellezza della montagna. Ma ha anche la responsabilità di farlo in modo consapevole.

Verso una nuova cultura del turismo

Proteggere la montagna non significa chiuderla, ma imparare a rispettarne i limiti.
Essere turisti consapevoli vuol dire comprendere che la nostra presenza, anche breve, modifica gli equilibri di un ambiente spesso fragile, ma molto prezioso.

La montagna non ha bisogno di gesti simbolici, ma di comportamenti coerenti: scegliere periodi e luoghi meno battuti, muoversi in modo sostenibile, restare sui sentieri, ridurre l’impatto del nostro passaggio.

Solo così potrà continuare a essere quello che cerchiamo quando ci mettiamo su un sentiero: uno spazio autentico, dove la natura non è sfondo, ma protagonista.

 

Riferimenti

Overtourism. Ovvero quando il turismo supera i limiti – Eurac Research – Ottobre 2018

Lorenz, Zachary and Criscione-Naylor, Noel (2025) "Investigating Overtourism Approaches in National Wildlife Refuges: The Case of New Jersey," ICHRIE Research Reports: Vol. 10: Iss. 1, Article 3

Il Dolomiti (2023) - Montagna, di Luca Pianesi

Bolton, Karl (2020) How ‘over-tourism’ has impacted the host destinations environment, culture and economy and developing a model, with global applications, to manage these challenges. In: CHME 2021, 13-14 May 2021, Sheffield

Piano Braies 2020 – Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige