Un impegno condiviso per riportare in vita le savane della Tanzania
Nel cuore della savana tanzaniana, i pascoli non sono semplici distese d’erba: sono il fondamento della vita pastorale. Eppure stanno affrontando un’emergenza. La diffusione incontrollata di specie invasive e l’espansione delle aree di terreno nudo minacciano l’equilibrio ecologico e la sicurezza alimentare delle popolazioni pastorali. Di fronte a questa sfida, negli ultimi tre anni si è fatta strada una risposta concreta e potente: quella delle donne. Nei distretti di Monduli e Longido, 454 “guardiane dei pascoli”, insieme a Oikos, stanno trasformando il destino di queste terre: 178 ettari degradati sono oggi pascoli nuovamente fertili.
Scienza e saperi tradizionali in dialogo
Questo risultato è frutto di un lavoro quotidiano che intreccia conoscenza tradizionale e strumenti scientifici. Le donne estirpano le specie infestanti, lavorano il terreno per migliorarne la permeabilità, usano talee per costruire recinzioni viventi e realizzano trappole capaci di trattenere i semi che cadono dalle piante, così da favorirne la germinazione e aumentarne la dispersione. È un processo collettivo: le donne collaborano con le autorità locali per proteggere le aree restaurate fino alla completa rigenerazione.
La prova sul campo
Perché questo sia possibile, la scienza svolge un ruolo cruciale. Per valutare l’efficacia degli interventi, ogni anno il team di Conservazione di Istituto Oikos dedica due settimane, una in inverno e una in estate, al monitoraggio di queste aree. Per avere una panoramica chiara e completa, i dati vengono raccolti sia nei siti in ripristino sia in aree di controllo esterne: questo consente di individuare le tecniche di ripristino più efficaci e, soprattutto, di dimostrare con evidenze concrete che la conservazione funziona.
Che cosa abbiamo imparato?
È questo lo spirito di “Partnering for a prosperous, biodiverse and resilient Tarangire Ecosystem Landscape”, il progetto finanziato dal programma Darwin Extra e attivo da tre anni nella regione di Arusha. L’esperienza che abbiamo maturato conferma che non esiste una formula universale per il ripristino: ogni territorio richiede soluzioni su misura, calibrate sulla sua geografia, ecologia e livello di degrado.
Oggi guardiamo al futuro di queste terre con speranza. Oltre la metà dei siti è tornata a vivere, con erba rigogliosa, meno specie invasive e suoli più permeabili. Alcuni gruppi di donne hanno già raccolto foraggio da utilizzare o vendere, altri hanno affittato temporaneamente i terreni per un pascolo controllato: una pratica che prevede lo spostamento del bestiame tra diversi appezzamenti per periodi molto brevi - da poche ore a qualche giorno - seguiti da lunghi tempi di riposo. C’è anche chi ha scelto di attendere la prossima stagione delle piogge per favorire una rigenerazione completa della terra.
È un percorso lungo e impegnativo, ma capace di generare trasformazioni profonde. E dimostra che quando conoscenze scientifiche e impegno condiviso si incontrano, il futuro degli ecosistemi può davvero cambiare.