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Territori di frontiera da proteggere insieme, oltre i confini


Ecosistema Kilimanjaro-Amboseli - Iniziative per accrescere la partecipazione delle comunità nella conservazione sostenibile dell’ecosistema transfrontaliero e della fauna locale

Ecosistemi a rischio nel Nord della Tanzania


Un approccio integrato e partecipato per tutelare la fauna e le praterie che circondano il monte Kilimanjaro tra Tanzania e Kenya, e garantire migliori condizioni di vita per le comunità locali che dipendono interamente da queste risorse. Attraverso il coinvolgimento attivo delle popolazioni locali, società civile, organizzazioni, ricercatori e istituzioni dei due Paesi, assicurare la conservazione di uno degli ecosistemi più ricchi al mondo in termini di biodiversità diventa un’impresa sostenibile.

– La vista del Kilimanjaro da Mkuru Training Camp –

Nell’ecosistema del Kilimanjaro-Amboseli - un’area di 15,500 km² che conta 16 aree protette - vivono più di un milione di mammiferi di 28 specie diverse, che condividono gli stessi territori con oltre 30.000 famiglie di pastori, soprattutto di etnia Maasai. La sopravvivenza delle comunità, così come quella della fauna locale, si basa sullo stato di salute e sulla produttività dei pascoli, che negli ultimi anni si è ridotta del 30%. Per proteggere questo ecosistema prezioso, ma gravemente minacciato dagli effetti negativi dei cambiamenti climatici e dell’eccessivo sfruttamento, lavoriamo su più fronti. 
Per garantire la conservazione di una delle ultime rotte migratorie dei grandi mammiferi, il dialogo con le istituzioni locali è fondamentale. L’applicazione delle leggi nazionali sulla protezione della fauna e sul commercio di specie protette nell’area transfrontaliera del Kilimanjaro-Amboseli sarà supportato da una squadra di circa 50 rangers e altrettanti informatori; le mappe partecipative di uso del suolo e l’elaborazione di strategie di conservazione condivise come i piani di gestione sostenibile dei pascoli e delle aree di migrazione proteggeranno la natura e le comunità locali dal fenomeno del land grabbing, ovvero l’acquisizione di terreni agricoli da parte di imprese, governi o privati.
Offrire alternative economiche sostenibili e rendere le popolazioni protagoniste della conservazione è la strada più efficace per trasformare le minacce legate al degrado ambientale di un territorio in opportunità di sviluppo. Per questo formiamo 300 donne Maasai sulla produzione di latte e 40 sulla lavorazione sostenibile della pelle, mentre altre 40 persone (donne e giovani) sono coinvolte nella gestione di servizi turistici - safari a piedi, percorsi di cicloturismo e alloggi presso famiglie della comunità. In questo modo le popolazioni locali diventano protagoniste della conservazione dell’ambiente da cui dipende il loro benessere.
Ridurre il bracconaggio e promuovere strategie di conservazione efficaci è una priorità: per farlo è necessario investire nell’educazione e nella sensibilizzazione, a cominciare dalle giovani generazioni attraverso progetti di citizen science, teatro interattivo e video educativi, dal dialogo e dalla cooperazione tra le comunità che abitano nei territori di confine, dallo scambio di informazioni e buone pratiche tra le autorità dei due paesi.
Si tratta di un grande sforzo congiunto tra diversi attori transfrontalieri, che valorizzi e metta a frutto le potenzialità di ciascuno per un obiettivo comune: prendersi cura dell’ambiente e di tutto ciò che di prezioso ha da offrire, nell’interesse di tutti gli esseri viventi, delle istituzioni, del futuro di un paese. Anzi, due.

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